Quando l'agire umano crea la forma tangibile, esce dal pensiero per divenire “cosa”, la produzione empirica e oggettuale riporta al creatore la sua esistenza, e l'esistenza stessa dell'oggetto come frutto e parte di un proprio se. Il medium divenuto nel tempo esterno al corpo, che si pone come veicolo e mediatore tra pensiero e realtà, diventa esso stesso la rappresentazione del “se” creatore. Nella mitologia biblica dio crea il mondo quale contenitore della sua vera creazione: l'uomo, che non può non essere a sua immagine e somiglianza.
L'uomo osserva nel suo prodotto la sua esistenza, si rispecchia su esso, riflette.
Come la nascita della parola e della scrittura portano sempre più l'uomo ad una sua auto-consapevolezza come soggetto e come comunità, maggiore è il suo desiderio di conoscersi e di imporre il suo prodotto/esistenza. Il potenziale con il quale un uomo può assoggettare l'esistente alla sua azione determina la nascita del potere; il riconoscere che ogni suo frutto “è cosa buona e giusta”, finché non si interroghi del motivo stesso della sua azione/imposizione, riflette in se la propria magnificenza.
Il potere si riflette in dio e dio si riflette nell'uomo imponendo una gerarchia ciclica che legittima l'assoggettamento dell'uomo al potere del dio/uomo, realizzando da un lato, l'amore verso il potere, dall'altro, l'amore verso se stesso.
La direzione verso cui conduce la vita di un uomo è il soddisfacimento del proprio piacere verso una qualche realizzazione. La realizzazione persegue sempre il raggiungimento di un qualche potere, e non è mai sazia, si reinventa qualora fosse raggiunto l'obbiettivo, perché non c'è vita dove non c'è percorso e direzione. Il potere serve la realizzazione nel momento in cui, maggiore è, maggiori sono gli strumenti che offre per la realizzazione di un potere più ampio.
In questo ciclo è l'amore del proprio operato e della propria realizzazione, che si pongono sempre nella prospettiva di un “io”, che non sarà mai raggiunto perché mutevole, a definire il narcisismo quale atteggiamento imperante del potere, ma anche contro il potere.
Il più grande nemico del potere narcisistico è l'avanzata del potere narcisistico e di affermazione identitaria, di chi lo vuole soppiantare o resistergli. Questa guerra tra le volontà si realizza ogni qual volta il campo di un'esistenza in espansione si incontra con il campo di un altra esistenza, che, se consapevole, rivendica la propria libertà per non essere inglobata.
Nel momento in cui viene costituita una teoria sull'arte, partendo da Leon Battista Alberti alla nascita dell'estetica, la direzione dell'arte segue la teoria riflettendosi in essa, la teoria si reinventa e progredisce, instaurando quel rapporto ciclico di dipendenza identitaria, pari a quella del mito di Narciso. In questo modo l'arte afferma la sua indipendenza dai poteri, il suo narcisismo si contrappone e si esclude dalla società ritagliandosi il suo angolo di libertà.
Il potere reagisce all'arte mercificandola e banalizzando il suo spirito di opposizione, l'arte e l'artista, gratificati e santificati, o relegati al loro disadattamento, non possono che vivere dell'amore verso se stessi.
Questa base storica in cui l'arte, resa indipendente dal suo narcisismo, e condannata al suo narcisismo, diventa il parco di attrazione di quelle esistenze che necessitano di rivendicare la loro soggettività e che non trovano lo spazio tra i poteri nella società.
L'arte che si dissolve come creatività nella vita, viene assorbita dal mercato per essere rivenduta come spazio narcisistico, quel narcisismo individuale che determina la piacevolezza nel riversare un contenuto nel web 2.0, nel comprare un computer per fare grafica, nel comprare il telefono cellulare che fa video, nel fare istallazioni interattive, nel fare corsi di formazione o pseudoartistici, ecc. …
Qualsiasi attività umana è soggetta al piacere, e per l'industria non c'è piacere migliore di quello che produce contenuti non retribuiti, e che appaga il narcisismo del consumatore nel suo prodotto.
Sul piano opposto, chi detiene la consapevolezza più o meno intuitiva del mondo, trova appagamento nella sua stessa intelligenza, verificando nel più puro dei narcisismi la sua qualità superiore alla cultura mainstream. Da questo nasce la necessità di avere qualcosa da dire, di essere un artista, di essere un teorico, o un arrampicatore sociale. Ogni attività finalizzata all'esistenza e non alla sopravvivenza, implica sempre un certo grado di narcisismo. L'arte, nel suo presupposto di utilità o inutilità, è dalla sua nascita, la forma pragmatica del narcisismo.
ALESSIO CHIERICO - DIVAGAZIONI NARCISISTE (l'autocritica del pensiero e dell'arte) - APRILE 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento