Nel suo libro, L'Homme-Plante, de La Mettrie sosteneva che uomini e piante sono eguali, o almeno lo sono nelle loro parti principali. Era il 1748. Non siamo ancora a quei biomedia che, come dice Jens Hauser, "confondono i confini del mondo animale cancellando le frontiere fra mondo animale e vegetale..." ( Le Parcours SK-Interfaces), ma il balzo vertiginoso fra due epoche testimonia la spinta odierna a cercare l'alterità nelle piante e non solo negli animali. Il gioco vale anche come metafora e rispecchia le attitudini dell'uomo, per Hauser, "inventore naturale dell'artificiale", e questo non contrasta con una critica potente all'antropocentrismo.
Narciso e Narciso, il mito e il fiore, animano il riferimento - speculare?- che l'opera 'C'è amore nel Narciso Tecnoetico?' usa stimolando una "ridefinizione dell'antropocentrismo", invitando a un amore verso l'alterità impedito - egli scrive - da "un potente narcisimo culturale". Lo sfondo della ricerca, basato sulle varie declinazioni dei rapporti fra Scienze della Vita e arti, implica - fra le altre- questioni di identità e di redifinizione del corpo. Seguendo Paul Ricoeur si può parlare di un "percorso dell'identità" legato all'azione del riconoscere, di identificare "qualche cosa". Si indica la rottura della concezione del mondo come rappresentazione e l'autore cita Lévinas, le sue "rovine della rappresentazione" ( in Paul Ricoeur, Parcours de la reconnaissance). Un percorso che è anche una ricerca di identità, " il percorso dell'identità nei suoi scarti".
Tensione di tempi- impressionante!-esistente fra il tempo della evoluzione del vivente, dunque degli umani come specie che si misura in milioni di anni, e quello, misurato in pochi millenni, della 'umanizzazione'. Su quest'ultima, intesa come evoluzione sociale e culturale, ci si confronta oggi anche a proposito di leggi bioetiche ( Mireille Delmas-Marty).
Narciso cerca di baciare la sua immagine rivelandosi, per Pierre Legendre, "come l'uomo attorcigliato nel suo desiderio" ( in L'inestimable Objet de la transmission ). Ricoeur lo riprende analizzando la "cattura narcisistica"...
Fra le riflessioni possibili ne spicca una fondante, quella sull'ibrido, o sui processi di ibridazione, esasperabile fino al confronto fra esseri le cui cellule hanno lo stesso patrimonio genetico e quelli che l'hanno diverso (chimere). Nuovi viventi 'estremi' e, come se non erro li chiama Eduardo Kac, anche ibridi vegetali animali ( "Plantimal").
Si dilata, dunque, lo stesso concetto di interfaccia, in sintesi, non ci si limita ai "relais di informazioni fra entità analoghe e digitali...", ma si tengono in conto "...parametri che risultano da una 'programmazione' chimica o biologica e non necessariamente elettronica" (Hauser). Non solo più, si fa per dire, va tenuto in conto il nuovo modello d'uomo 'neuronale' come l'ha chiamato Jean-Pierre Changeaux. Ibridazione e intersensorialità portano a una "ripresa del corpo" e, per Bernard Andrieu, siamo in un periodo fecondo per la redifinizione del corpo stesso. Contesto credo propizio a quell' "intersoggettività nella significazione" che persegue il Narciso Tecnoetico di Monico.
Percezione e comprensione ( noesis) implicano un percorso di riconoscimento della bio-fattualità del vivente e delle sue ibridazioni. Qui, in sostanza, ho introdotto e mi auguro non troppo forzatamente, la combinazione dinamica e dai mutamenti incessanti di vita, bios, e artefatti secondo Nicole Karafyllis (Biofatti). Non è ortodosso il paesaggio in cui il biofatto Narciso induce a nuove scritture, a una diversa ecologia, ma sorge una questione che sollevò Hauser: "l'approccio 'cognitivista' è adeguato all'ambiente economico e politico delle arti nell'età delle tecnoscienze? (...) Le emozioni sono obsolete, o devono essere generate dal piacere cognitivo medesimo?"
franco torriani, febbraio 2010
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